Santi del 18 Marzo
*Sant'Alessandro di Gerusalemme (di Cappadocia) - Vescovo e Martire (18 marzo)
m. 250 circa
Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco
Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Alessandro, vescovo e martire, che, venuto a Gerusalemme dalla Cappadocia, accettò la cura pastorale della Città Santa, dove fondò una preziosa biblioteca e istituì una scuola; più tardi, giunto ormai in avanzata età dopo una vita longeva, condotto a Cesarea durante la persecuzione dell’imperatore Decio, subì il martirio per la sua fede in Cristo.
I dati biografici che lo riguardano sono scarsi, ma abbastanza sicuri. Di famiglia pagana, Alessandro ebbe un'accurata formazione culturale. Si convertì al cristianesimo dopo essere passato attraverso l'esperienza dei vari movimenti religiosi e filosofici del tempo.
Fu nelle scuole di vari maestri, finché venne ad Alessandria, dove fioriva il Didaskaleion, diretto dal siculo Panteno e poi (dal 200) da Clemente Alessandrino. Scoppiata la persecuzione sotto Settimio Severo, nel 202-203, Alessandro fu imprigionato fino al 211.
Immediatamente dopo fu nominato vescovo di una imprecisata città della Cappadocia, dove, sfuggendo la stessa persecuzione, fu suo ospite Clemente, a cui infatti Alessandro consegnò una lettera per la comunità di Antiochia.
Nel 212 Alessandro fu coadiutore e successore di Narcisso, vescovo di Gerusalemme. Qui Alessandro, con l'intento di riprendere la tradizione del Didaskaleion, fondò una biblioteca, preziosa per Eusebio, ed una scuola.
Il santo fu un grande ammiratore dell'infaticabile e geniale laboriosità di Origene, e non esitò a sostenerlo durante le continue polemiche con i suoi superiori.
Notissime, infatti, sono le iniziative del giovane Origene che, incaricato da Demetrio di Alessandria della direzione di una scuola catechetica, si riservò invece l'insegnamento delle scienze profane, soprattutto della filosofia, alla ricerca d'una più approfondita cultura religiosa.
Origene, inoltre, sebbene semplice laico, predicò nelle chiese di Cesarea e di Gerusalemme; fu ordinato presbitero, pur appartenendo alla diocesi di Alessandria, da Alessandro, vescovo di Gerusalemme, e da Teoctisto di Cesarea in Palestina, provocando per sé sentenze sinodali di deposizione e di bando, e per i suoi fautori una serie di complicazioni diplomatiche e religiose.
Della produzione letteraria di Alessandro, che pure dovette essere vasta a causa delle discussioni teologiche che agitavano in quel tempo le diocesi di Oriente, restano solo gli estratti di quattro lettere, tramandati da Eusebio e da san Gerolamo.
Durante la persecuzione di Decio Alessandro soffrì con eroica pazienza carcere e torture, e morì nel 250 nella prigione di Cesarea in Palestina.
Alessandro è commemorato nel Martirologio romano il 30 gennaio e il 18 marzo; nei sinassari greci il 16 maggio, nel calendario palestino-georgiano il 21 aprile altrove, infine, il 12 dicembre.
(Autore: Thomas Spidlik – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Alessandro di Gerusalemme, pregate per noi.
*Sant'Anselmo II di Lucca (o da Baggio) - Vescovo (18 marzo)
Baggio, Milano, c. 1040 - Mantova, 18 marzo 1086
Il patrono di Mantova è noto anche come Anselmo di Baggio (luogo di nascita) e come Anselmo II di Lucca, diocesi di cui fu vescovo.
Visse 46 anni, dal 1040 al 1086.
Oggi viene ricordato - oltre che a Mantova e a Lucca, dall'ordine benedettino, di cui era monaco - e a San Miniato.
Lo zio, Papa Alessandro II, lo aveva voluto sulla cattedra episcopale toscana.
Il nipote gli fu fedele nei contrasti con l'Imperatore Enrico IV, durante i quali fu consigliere presso Matilde di Canossa.
Fu anche un moralizzatore dei costumi ecclesiali.
Il Papa lo inviò più volte in Germania e in Lombardia, dove divenne legato permanente.
Si stabilì a Mantova, dove morì.
Il corpo riposa in duomo. (Avvenire)
Patronato: Mantova
Etimologia: Anselmo = protetto da Dio, Dio gli è elmo, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Mantova, transito di Sant’Anselmo, vescovo di Lucca: fedelissimo alla Sede Romana, durante la lotta per le investiture ripose nelle mani del Papa San Gregorio VII l’anello e il pastorale, che a malincuore aveva ricevuto dall’imperatore Enrico IV; scacciato dalla sua sede da parte dei canonici che rifiutavano la vita comune con lui, fu mandato come legato in Lombardia dal papa, al quale fu di grande aiuto.
Anselmo di Baggio (dove è nato) o di Lucca (dove è stato vescovo) o di Mantova (dove è morto ed è sepolto) viene solennemente ricordato, come è noto, il 18 marzo a Mantova, a Lucca, a San Miniato e nell'Ordine benedettino.
É venerato anche in molti altri luoghi benché talora confuso con Sant'Anselmo d'Aosta (è interessante notare come il "Martirologio Romano" lo citi abbastanza genericamente nello stesso giorno quale "Mantuae sancti A. episcopi et confessoris").
Il santo Patrono di Mantova visse 46 anni, dal 1040 al 1086.
Alcuni momenti sono significativi nella vita del Patrono mantovano: i suoi rapporti con Matilde di Canossa, la sua intransigenza morale, la sua costante difesa del Papa contro l'Imperatore.
É noto come l'"andata a Canossa" in clamorosa umiltà di Enrico IV, scomunicato per sottomettersi al Papa Gregorio VII, sia risultata il frutto della attenta mediazione di Matilde.
Questo singolare ed eccezionale personaggio storico femminile, che difese in ogni modo il papa e sempre ne sostenne i diritti quale capo della Chiesa contro l'imperatore, era stato affidato dal Papa medesimo alla cura spirituale del vescovo di Lucca.
Questi le fu sempre garbato consigliere anche nelle vicende politiche del tempo e Matilde di Canossa fu al vescovo Anselmo così grata che lo accoglierà nell'esilio mantovano e gli sarà vicina in punto di morte.
Altro momento sottolineato nella vita del Santo è, come dicevamo, la carica morale, il rifiuto dell'agiatezza, l'amore per la giustizia. Conformemente a tali principi e secondo le disposizioni papali egli si batté nella sua diocesi per la riforma dei costumi del clero.
In ciò fu così intransigente che arrivò a pretendere, non senza riceverne astio e persino disobbedienza, che i canonici di Lucca vivessero in comunità insieme al loro vescovo.
Nella lotta poi fra Gregorio VII e l'antipapa Clemente III eletto dall'imperatore (che si era nel frattempo ripreso, per così dire, dalla cocente umiliazione) Sant'Anselmo si schierò con decisione dalla parte del legittimo Papa romano dal quale e per il quale fu incaricato di delicate missioni di "persuasione" in Germania e in Lombardia.
Proprio in Lombardia svolse poi il compito di legato permanente.
Stabilitosi quindi a Mantova, possesso allora di Matilde, impegnò la città nell'opera di riforma e di sostegno del Papa tanto da fare della stessa un centro propulsore di vita religiosa per tutta la regione.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Anselmo II di Lucca, pregate per noi.
*San Braulio - Vescovo (18 marzo)
590 circa - 651
Martirologio Romano: A Saragozza in Spagna, San Braulio, vescovo, che diede aiuto a Sant’Isidoro, di cui fu grande amico, nel rinnovare la disciplina ecclesiastica in tutta la Spagna e ne fu degno successore per eloquenza e dottrina.
Secondo le fonti, Braulio appartenne a stirpe illustre, probabilmente di origine ispano-romana, mescolata a sangue germanico.
Suo padre, Gregorio, fu vescovo quasi certamente di Osma e il fratello maggiore, Giovanni, dopo essere stato superiore del celebre monastero dei XVIII Martiri, chiamato pure di Sant'Engrazia, nel 619 divenne vescovo di Saragozza.
L'altro fratello, Frunimiano, fu abate del monastero fondato da Sant'Emiliano alla Rioja; anche la sorella Pomponia raggiunse la dignità di badessa, sebbene non si sappia di quale monastero, mentre l'altra sorella, Basilia, andò sposa a un uomo di buona condizione che abitava non lontano da Saragozza.
Nel 610, a venti anni circa, Braulio entrò nell'abbazia di Sant'Engrazia, dove compì gli studi primari e dove fu iniziato dal fratello Giovanni alla vita ascetica. Dieci anni più tardi si recò a Siviglia per perfezionarsi nella più importante scuola di Spagna di quel tempo, diretta da Sant'Isidoro, alla quale accorrevano giovani chierici, monaci e nobili da ogni parte.
Più che discepolo, però, egli fu amico del santo Dottore, da cui, nel 624, fu aggregato al clero della città. Dalla loro corrispondenza apprendiamo che la grande opera di Isidoro, le Etymologiae, fu composta per sollecitazione di Braulio, il quale, insieme con la minuta, ebbe poi dallo stanco maestro l'incarico di completarla, ordinarla e pubblicarla, cosa che, sembra, si verificò nel 637.
Rientrò verso il 625 a Saragozza e quando, nel 631, morì il vescovo Giovanni, che lo aveva nominato arcidiacono e gli aveva affidato l'amministrazione degli affari ecclesiastici, egli ne prese il posto. Il momento difficile, segnato da guerre, pestilenze, carestie e altri flagelli, mise in risalto le sue doti eccezionali di uomo di governo, mostrandolo degno di sostituire Isidoro (636) nella guida della Chiesa spagnola.
A Braulio, infatti, cominciarono a rivolgersi in numero sempre maggiore preti, abati, vescovi e principi, chiedendogli consiglio e aiuto. Prese parte al quarto (633), quinto (636) e sesto (638) concilio di Toledo: mentre quest'ultimo si stava svolgendo, giunse una lettera di Onorio I, il quale disapprovava l'indulgenza usata dai vescovi verso quegli ebrei che, dopo essersi convertiti alla religione cristiana, tornavano al giudaismo.
Il rilievo, almeno in quelle circostanze, non appariva fondato, e Braulio, ricevuto dai padri l'incarico di rispondere, lo fece con tanto tatto da riuscire, da un lato, a giustificare la condotta dei suoi confratelli e, dall'altro, a glorificare il successore di Pietro.
Verso il 650 era quasi cieco e logorato completamente dalle fatiche e dalle penitenze: morì, infatti, l'anno dopo.
Il suo culto è stato approvato dalla Chiesa.
Di Braulio, che fu il migliore scrittore spagnolo del tempo dopo Sant'Isidoro, rimangono ventiquattro Lettere, scoperte nel sec. XVIII in un codice di León. Sull'autenticità di alcune di esse esprime dubbi M. Alamo.
Inoltre, sono giunte a noi anche la Vita di Sant'Emiliano, anacoreta spagnolo del secolo; la Vita dei Santi Vincenzo, Sabina e Cristeta; la Passione dei martiri di Saragozza, di dubbia autenticità, e altri scritti minori.
(Autore: Pietro Burchi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Braulio, pregate per noi.
*Beata Celestina Donati - Fondatrice (18 marzo)
Marradi, Firenze, 28 ottobre 1848 – Firenze, 18 marzo 1925
Maria Anna Donati nacque a Marradi (Firenze) il 28 ottobre 1848, ben presto si sentì attratta dalla vita religiosa, trascorse così un periodo di riflessione presso le Suore Vallombrosane, ma l’esperienza non ebbe buon esito.
Ritornata in famiglia si affidò alla guida spirituale del padre scolopio Celestino Zini, che intuì le possibilità nascoste della giovane e con esperto tatto spirituale, la condusse all’ascolto della voce dello Spirito Santo.
Con il suo consiglio, arrivata ai 41 anni giunse così a fondare nel 1889 la nuova Congregazione delle “Figlie Povere di San Giuseppe Calasanzio” dette “Calasanziane” con il fine di educare cristianamente le bambine povere e qualche tempo dopo anche dell’educazione delle figlie e dei figli dei carcerati.
Il messaggio del Calasanzio, fatto proprio da madre Celestina Donati, che prendendo i voti aveva cambiato il nome di Maria Anna, è sempre vivo e presente; chi opera nel sociale usa la professionalità, ma anche un “di più” di umano e civile e soprattutto quel “supplemento d’anima” che viene dalla fede.
Nel 1892 morì il suo direttore spirituale e sua guida padre Zini, che era divenuto nel frattempo arcivescovo di Siena; tutta la responsabilità dell’Istituzione restò sua, che la governò saggiamente, diffondendola in tutte le regioni d’Italia.
Seppe infondere nelle sue figlie lo spirito di povertà, che l’accompagnò per tutta la vita, creandole tantissime difficoltà nella gestione dell’Istituto. Di natura umilissima, poneva ogni problema ai suoi superiori ecclesiastici, attenendosi docilmente alle loro direttive; si adoperò per stabilire il suo Istituto a Roma, contraendo anche debiti notevoli e ci riuscì con l’aiuto di molte persone.
Madre Celestina morì a Firenze il 18 marzo 1925; una decina d’anni dopo si cominciò ad istruire la causa per la sua beatificazione, il 12 luglio 1982 uscì il decreto d’introduzione; il 6 aprile 1998 si ebbe quello sull’eroicità delle virtù e il titolo di venerabile.
Fra le tante Case che le sue suore “Calasanziane” gestiscono, c’è l’oasi calasanziana “Mamma Bella” a Campi Salentina, vicino Lecce, nella cui chiesa riposano le reliquie del santo calasanziano Pompilio Maria Pirrotti, che visse in questi luoghi e che così chiamava la Madonna. L’opera delle suore prosegue oltre che con i salentini ora anche con gli immigrati albanesi.
È stata beatificata a Firenze il 30 marzo 2008.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Celestina Donati, pregate per noi.
*San Cirillo di Gerusalemme - Vescovo e Dottore della Chiesa (18 marzo)
Gerusalemme, ca. 315 - 387
Nato da genitori cristiani, fu successore del vescovo Massimo nelle sede episcopale dei Gerusalemme nell’anno 348. Implicato nelle dispute ariane, dovette subire più volte l’esilio. Testimoniano la sua attività di pastore i discorsi con i quali espose ai fedeli la vera dottrina della fede, la sacra Scrittura e la tradizione della chiesa.
Etimologia: Cirillo = che ha forza, signore, dal greco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: San Cirillo, vescovo di Gerusalemme e dottore della Chiesa, che, dopo avere sofferto molti oltraggi dagli ariani a causa della fede ed essere stato più volte scacciato dalla sua sede, spiegò mirabilmente ai fedeli la retta dottrina, le Scritture e i sacri misteri con omelie e catechesi.
Tutta la sua vita è coinvolta nel travaglio della Chiesa durante i primi secoli. Ossia nei dibattiti teologici anche molto aspri, mescolati alle debolezze umane e intrecciati poi alla politica, alle guerre esterne per difendere l’Impero e a quelle interne per impadronirsi del trono, mettendo di mezzo anche la fede.
Basta una sequenza di date a riassumere la vicenda di Cirillo. Eletto vescovo di Gerusalemme nel 348, viene destituito nel 357. Motivo: il vescovo Acacio di Cesarea di Palestina (che pure lo ha consacrato) lo accusa di errori dottrinali; e soprattutto pretende che la sede episcopale di Gerusalemme dipenda da quella sua di Cesarea, che fu già capitale amministrativa della Palestina e sede dei procuratori romani.
Nel 359 un concilio locale di vescovi lo riabilita, e lui torna alla cattedra di Gerusalemme. Ma nel 360 viene scacciato per la seconda volta da un altro concilio, riunito a Costantinopoli su insistenza di Acacio, che è pure molto influente sull’imperatore filo-ariano Costanzo. (E d’altra parte questo Acacio, vescovo dal 340 al 366, non è certo un personaggio da poco. Succeduto al grande vescovo Eusebio, continuò ad arricchire la biblioteca di Cesarea. San Girolamo, infatti, morto nel 420, parlerà delle sue grandi opere di commento e interpretazione della Sacra Scrittura, andate poi perdute).
E riecco Cirillo nuovamente in carica a Gerusalemme nel 362, alla morte di Costanzo, che era in lotta contro i Persiani e poi contro il cugino Giuliano. Ma, verso il 367, l’imperatore Valente lo condanna all’esilio, dal quale potrà tornare solo nel 378, definitivamente, dopo la morte di Valente nella guerra contro i Goti.
Ora nessuno lo caccerà più. Nel 381 Cirillo prende parte al Concilio di Costantinopoli (secondo concilio ecumenico) e a quello successivo del 382, nel quale viene ancora ribadita la validità della sua consacrazione a vescovo di Gerusalemme, dove rimane finalmente indisturbato fino alla morte.
Nel 1882, quindici secoli dopo, Papa Leone XIII lo proclamerà Dottore della Chiesa per il suo insegnamento scritto contenuto nelle Catechesi, che sono istruzioni per i candidati al battesimo e per i neobattezzati.
Accusato a suo tempo di legami con correnti dell’arianesimo, egli invece respinge la dottrina ariana sul Cristo, e anzi limpidamente lo dichiara Figlio di Dio per natura e non per adozione, ed eterno come il Padre.
Ancora nel XX secolo, il Concilio Vaticano II richiamerà l’insegnamento di Cirillo di Gerusalemme, con quello di altri Padri, in due costituzioni dogmatiche: la Lumen gentium, sulla Chiesa, e la Dei Verbum, sulla divina Rivelazione. E ancora nel decreto Ad gentes, sull’attività missionaria della Chiesa nel mondo contemporaneo.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cirillo di Gerusalemme, pregate per noi.
*Sant'Edoardo II - il Martire Re d’Inghilterra (18 marzo)
962 circa - 18 marzo 979
Emblema: Corona, Palma, Pugnale
Martirologio Romano: Presso la cittadina di Wareham in Inghilterra, Sant’Edoardo, che, re degli Angli, fu ucciso ancora giovane con malvagio inganno dai sicari della sua matrigna.
Occorre innanzitutto specificare, per raccapezzarsi nella folta schiera di santità sorta presso le corti reali inglesi, che il santo in questione è il re Sant'Edoardo II il Martire, zio del quasi omonimo re Sant'Edoardo III il Confessore, festeggiato invece il 5 gennaio.
Edoardo II, dunque, era figlio del re Sant'Edgaro il Pacifico e della sua prima consorte Etelfleda, che morì non molti anni dopo la sua nascita, avvenuta all'incirca nel 962.
Ricevette il battesimo dal celebre San Dunstano, titolare della sede arcivescovile di Canterbury e primo ministro reale.
Alla morte di Edgaro, il malcontento di alcuni cavalieri portò al tentativo di incoronazione del piccolo Etelredo, nato dal secondo matrimonio con Elfrida.
Questa possibilità si scontrò però con l'opposizione del santo vescovo, che preferì incoronare egli stesso Edoardo II quale nuovo sovrano l'8 luglio 975.
Anche se appena ragazzo, il nuovo re possedeva indubbiamente un temperamento vile ed un'innata inclinazione alla violenza, fattore che non poteva non renderlo ostile agli altri.
L'opposizione nei suoi confronti continuò a crescere, nonostante fosse costantemente seguito nell'opera di governo da Dunstano.
Alfero di Mercia dedise di intraprendere il saccheggio e la distruzione dei monasteri presenti nel regno, vanificando così in un battibaleno tutta la preziosa opera che il vescovo aveva realizzato ed Edoardo II aveva sostenuto in vario modo.
Ma questa fu solamente una delle tante reazioni alla fitta politica di alleanza e reciproco sostegno instauratasi fra la monarchia e la Chiesa inglesi.
Il monachesimo, sempre più emergente ed attivo nella vita di corte, avrebbe potuto compromettere inoltre il potere dei cavalieri.
Il biografo Osvaldo di Worcester narra che fu allora tramato un complotto finalizzato all'uccisione del re, dopo neppure quattro anni dalla sua ascesa al trono.
Tutte le cronache sono concordi nel sostenere la tesi dell'assassinio di Edoardo II, ma Guglielmo di Malmesbury e lo stesso Osvaldo si spingono oltre, attribuendo l'iniziativa ai sostenitori di Etelredo ed in particolare a sua madre Elfrida.
Constatando però anche l'ostilità provata da Alfero di Mercia, si può supporre che la cospirazione nei confronti del giovane sovrano ebbe sicuramente basi assai ampie.
In ogni caso il tragico evento si consumò presso il castello di Corfe-Gap nel Dorset, residenza di Etelredo ed Elfrida, ove Edoardo fu convocato dal fratellastro in seguito ad una battuta di caccia. Giuntovi dunque a cavallo, privo di scorta, la matrigna ordinò di coglierlo di sorpresa con una pugnalata.
Spronato con urgenza il cavallo, un piede di Edoardo scivolò dalla staffa ed egli, caduto di sella, rimase ancorato solo più con un piede all'animale, che lo trascinò per un lungo tragitto.
La morte, ormai inevitabile, lo raggiunse così il 18 marzo 979.
Ufficialmente mai nessuno fu mai incolpato dell'accaduto, ma una leggenda vuole che la malvagia matrigna sia poi entrata nel monastero di Wherewell in segno di espiazione per la sua grande colpa di mandante dell'omicidio.
La vicenda Sant'Edoardo II è paragonabile a quella di altri santi re anglosassoni, come San Chenelmo ed Santi Etelberto e Sigeberto II dell'Est-Anglia.
Come avvenuto anche per molti martiri del XX secolo, il concetto di martirio è stato dunque esteso a casi di morte violenta a causa della giustizia, “per testimonium caritatis heroicis”.
Tuttavia il culto nei confronti del re Edoardo II non fu dettato solo dall'essere stato ucciso ingiustamente adempiendo il proprio dovere, ma anche dal divulgarsi di molti racconti di miracoli verificatisi sulla sua tomba a Shaftesbury, ove le sue reliquie erano state traslate.
Il santo sovrano martire è ancora festeggiato in particolar modo nella diocesi di Plymouth.
Oltre che con gli attributi tipici di un re e di un martire, Edoardo viene raffigurato anche con il pugnale, oggetto protagonista del suo martirio.
La presenza di molte icone orientali del santo e dovuta dalla presenza di alcune sue reliquie nella chiesa ortodossa di Brookwood, nel Surrey.
Proprio perché vissuto prima del grande scisma, anche parecchie Chiese orientali lo annoverano nei loro calendari.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant' Edoardo II, pregate per noi.
*San Frediano di Lucca - Vescovo (18 marzo)
Irlanda, prima metà del VI secolo - Lucca, ca. 588, il 18 marzo
Etimologia: Frediano = portatore di pace, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Lucca, San Frediano, vescovo, che, originario dell’Irlanda, radunò dei chierici in monastero, per il bene del popolo deviò il corso del fiume Serchio rendendo fertile il territorio e convertì alla fede cattolica i Longobardi che avevano invaso la regione.
Nelle iscrizioni più antiche il nome è Frigianu o Frigdianus. La data di nascita non si conosce, e come sua terra d’origine si indica l’Irlanda, terra di evangelizzatori dell’Occidente, “isola dei santi”.
Probabilmente si è fatto monaco in patria. Poi viene a Roma come pellegrino e studente. Più tardi lo troviamo nei dintorni di Lucca, eremita.
Ed è lì che vanno a prenderlo clero e cittadini per farne il loro vescovo, intorno al 560. Un fatto non tanto insolito, in verità.
La sua vita austera e la sua cultura sono ben note, e anche la sua energia. Doti naturalmente sempre preziose, ma essenziali in questi anni tormentati.
Nel 568 l’invasione longobarda (un esercito e un popolo; soldati, famiglie, anche animali...) mette fine all’unità italiana.
(E passeranno 1.350 anni prima di vederla rifatta al completo, fino al bollettino di Armando Diaz nel 1918).
L’intero territorio si trova diviso irregolarmente, con una parte più estesa conquistata dai Longobardi, e con le regioni più ricche ancora bizantine.
Nelle terre già povere la povertà cresce, aggravata dalle rapine dei nuovi venuti (che distruggono anche il monastero di Montecassino), e dalla bassa produttività dei terreni, anche per il disordine idrogeologico.
In territorio lucchese le acque del Serchio (affluente dell’Arno) trasformano spesso i coltivi in acquitrini.
E qui interviene Frediano, che sa anche d’idraulica: d’accordo con i capi cittadini, progetta e fa aprire un canale che porta il Serchio al mare, risanando il territorio.
E la voce popolare trasforma la saggia iniziativa in miracolo: con un rastrello, si racconta, il vescovo ha tracciato al Serchio un nuovo corso e il fiume ha obbedito.
Frediano lavora anche a mettere ordine nella sua diocesi, a costruire chiese, e s’impegna fortemente – come tanti altri vescovi del tempo – per portare nella Chiesa i Longobardi, in gran parte ariani o anche pagani. Per opera sua nasce una comunità monastica che avrà vita plurisecolare; da essa deriveranno i “canonici di San Frediano”, che Anselmo da Baggio, diventato papa Alessandro II, chiamerà a guidare anche i canonici di San Giovanni in Laterano a Roma. Gli eventi hanno quasi cancellato le autorità civili tradizionali, ed è spesso Frediano a supplirle, come accade ad altri vescovi dell’epoca. Lui è con la gente, è per la gente, mescolato a contadini e pescatori, in una intimità continua e cordiale. Sempre maestro e sempre fratello.
Di qui la sua popolarità immensa, l’aura di prodigio che pare sempre accompagnarlo, i tanti miracoli che gli si attribuiranno, e l’affettuosa durata del suo culto, di secolo in secolo.
Frediano muore, secondo una tradizione, il 18 marzo 588. Ma l’anno non è sicuro. La sua festa si celebra invece il 18 novembre, giorno della traslazione del corpo nella chiesa a lui intitolata. Questo avverrà tra il 1024 e il 1032, al tempo del Papa Giovanni XIX.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Frediano di Lucca, pregate per noi.
*Beati Giovanni Thules e Ruggero Wrenno - Martiri (18 marzo)
Scheda del Gruppo cui appartengono i Beati Giovanni Thules e Ruggero Wrenno:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987
+ 18 marzo 1616
Beatificati nel 1987 da Papa Giovanni Paolo II.
Martirologio Romano: A Lancaster in Inghilterra, Beati Giovanni Thules, sacerdote, e Ruggero Wrenno, che, originari della medesima contea, divennero martiri di Cristo durante il regno di Giacomo I.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Giovanni Thules e Ruggero Wrenno, pregate per noi.
*San Leopardo (Leobardo) di Tour (18 marzo)
m. 593 circa
Martirologio Romano: A Tours nel territorio della Neustria, in Francia, San Leobardo, che visse recluso in una piccola cella accanto al monastero di Marmoutier, rifulgendo per spirito di penitenza e umiltà.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Leopardo di Tour, pregate per noi.
*Beata Marta (Amata Adele) Le Bouteiller - Religiosa (18 marzo)
Percy (Francia), 2 dicembre 1816 – St. Sauveur-le-Vicomte, 18 marzo 1883
Martirologio Romano: Nel cenobio di Saint-Sauveur-le-Vicomte nella Normandia in Francia, beata Marta (Amata) Le Bouteiller, vergine delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia, che, confidando fortemente in Dio, si dedicò sempre con pazienza ai servizi più umili.
Amata Adele Le Bouteiller nacque il 2 dicembre 1816 a Percy (Francia), terza dei quattro figli di Andrea Le Bouteiller e Maria Francesca Morel, piccoli proprietari terrieri, coltivatori e tessitori di tela.
A scuola ebbe come educatrice la Terziaria carmelitana suor Maria Farcy; insegnante per 48 anni e figura determinante sulla formazione della gioventù della parrocchia e certamente ispiratrice della vocazione religiosa di Amata Adele.
Il 1° settembre 1827 morì il padre a soli 39 anni, purtroppo morire in giovane età in quell’epoca era cosa frequente, quando bastava una semplice infezione o la dilagante tubercolosi a provocare la fine di una giovane vita; la madre rimasta sola con i quattro figli, dovette allevarli e provvedere al loro sostentamento aiutata dai figli maggiori, Amata che aveva quasi undici anni, proseguì gli studi e nel contempo doveva badare alla casa.
Sposatosi i due fratelli maggiori nel 1837, Amata sui 20 anni, andò a lavorare come domestica per guadagnare da vivere.
Con suor Farcy, organizzatrice per la parrocchia, si recò ogni anno in pellegrinaggio a Chapelle-sur-Vire a circa 15 km da Percy e in questa località entrò in contatto con la Congregazione delle “Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia”, fondata nel 1804 da santa Maria Maddalena Postel (1756-1846), per l’educazione della gioventù.
Attratta dalla loro spiritualità, a 25 anni il 19 marzo 1841, decise di donarsi totalmente a Dio ed entrò nell’Abbazia di Saint Sauveur-le-Vicomte, accolta dalla ottantaquattrenne Fondatrice, che nonostante l’età era di grande vitalità e dotata di doni carismatici.
Amata ebbe come maestra delle novizie la beata Placida Viel (1815-1877), che alla morte della Fondatrice le succederà, portando ad uno sviluppo stupendo la Congregazione.
Quando arrivò Amata, la cinquantina di suore erano anche impegnate nella costruzione della chiesa abbaziale e degli antichi edifici, che avevano trovato in rovina al loro ingresso; la vita era austera tenendo conto degli anni di carestia che si vivevano, ma ciò non spaventò Amata, abituata alle ristrettezze della sua famiglia, subentrate dopo la morte prematura del padre. Il 14 settembre 1842 ricevette l’abito religioso con il nome di suor Marta; nell’inverno seguente ancora novizia, la fondatrice madre Postel la mandò alla Casa di La Chapelle-sur-Vire, che suor Marta conosceva bene, per aiutare quella comunità nei servizi materiali.
Un giorno mentre lavava la biancheria nelle acque gelide del fiume Marquerand, le sfuggì di mano un lenzuolo trascinato dalla corrente, nel tentativo di riprenderlo scivolò nell’acqua gelata che le causò un inizio di paralisi alle gambe, pertanto fu rimandata all’Abbazia.
Qui ebbe un colloquio con madre Maddalena Postel che l’assicurò che non l’avrebbe rimandata a casa, anzi poggiandole le mani sul ginocchio le promise che avrebbe pregato per lei; poco dopo Marta guarì e attribuì la sua guarigione alla Madre.
Il 7 settembre 1843 fece la sua prima professione nella Abbazia Casa-madre della Congregazione; Marta fu addetta alla cucina, al lavoro dei campi e poi alla cantina, compito che tenne per circa quaranta anni sino alla morte; fece tutto con spirito di obbedienza, tanto che si è detto fece in modo grande le piccole cose.
La sua vita da suora trascorse al servizio di Dio e delle consorelle, sempre semplice e gioviale nell’espletare i servizi più umili; dedita alla preghiera e meditazione, alimentava la sua spiritualità con la lettura di autori della cosiddetta “Scuola francese di spiritualità”.
Si occupò dei domestici e degli operai che prestavano la loro opera, inoltre degli ospiti di passaggio; distribuiva il vino anche per 250 persone al giorno e durante la guerra si arrivò a 500 persone.
Si racconta che durante la guerra tra la Francia e Germania, quando le scorte dell’abbazia si esaurivano paurosamente, allora suor Marta appendeva alla parete un’immagine di madre Maddalena, morta da tempo e pregava intensamente e da quel momento le scorte del ‘cidre’ (il vino) e degli altri generi alimentari non si esaurivano.
Nell’inverno del 1875 - 76, suor Marta ormai sessantenne, cadde e si fratturò una gamba, la lunga convalescenza, aggiunta alla morte della madre e dell’amata suor Placida sua confidente, furono per lei grandi prove che sopportò continuando ad interessarsi della dispensa, sia pur sostenendosi con un bastone, ma il suo declino era evidente.
Il 18 marzo 1883, domenica delle Palme, mentre era intenta a riportare in cucina le bottiglie dopo la cena serale, cadde una prima volta e poi una seconda volta a sera tardi, colpita da una congestione cerebrale, si spense dopo aver ricevuto i Sacramenti a circa 67 anni. Fu sepolta nel cimitero della stessa Abbazia di St. Sauveur-le-Vicomte; la causa per la sua beatificazione iniziò nel 1933 e il 4 novembre 1990 Papa Giovanni Paolo II l’ ha proclamata Beata.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Marta Le Bouteiller, pregate per noi.
*San Salvatore da Horta - Professo Francescano (18 marzo)
Santa Coloma de Farnés, 1520 - Cagliari, 18 marzo 1567
Nacque nel dicembre 1520 a Santa Coloma de Farnés, in Catalogna (Spagna). Rimasto orfano molto presto, dopo un periodo di prova nell'abbazia benedettina di Montserrat, scelse definitivamente la via della povertà entrando nel convento francescano di Barcellona, dove fece la professione religiosa nel 1542.
Trasferito a Tortosa cominciò a essere conosciuto per i suoi poteri di taumaturgo. Malgrado l'umiltà con cui lo viveva, questo dono gli causò incomprensione da parte dei confratelli. Per anni peregrinò da un convento all'altro e ovunque si ripeteva lo stesso copione: prodigi e nuove inimicizie. Fu persino denunciato all'Inquisizione che non trovò nulla contro di lui.
Conobbe un po' di pace nel convento di Santa Maria di Gesù a Cagliari dove giunse nel 1565. Morì il 18 marzo 1567. Pio XII l'ha canonizzato il 17 aprile 1938. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Cagliari, San Salvatore Grionesos da Horta, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, che si fece umile strumento di Cristo per la salvezza dei corpi e delle anime.
Ecco un santo che a causa del carisma di operare troppi miracoli, passò parecchi guai nella sua vita. Salvatore nacque del dicembre 1520 a Santa Coloma de Farnés nella Catalogna (Spagna), i genitori di cui si conosce solo il cognome Grionesos, lavoravano assistendo gli ammalati del piccolo ospedale della zona e di cui in seguito ne ebbero la direzione.
Rimasto orfano giovanissimo, andò a Barcellona dove si mise a fare il calzolaio per sostenere la sorella minore Blasia.
Non appena questa sorella si sposò, Salvatore poté così in piena libertà, scegliere la vita religiosa da sempre desiderata; lasciata Barcellona andò nella famosa abbazia benedettina di Montserrat per un periodo di prova, ma la sua vocazione di umiltà e povertà ebbe la sua attuazione, dopo l´incontro con i francescani, entrando il 3 maggio 1541 nel loro convento di Barcellona.
Si distinse subito per le sue virtù e pietà, fece la professione religiosa nel maggio del 1542 e trasferito poi a Tortosa dove fu impiegato in tutti i servizi più faticosi, che espletò con prontezza e diligenza; ma cominciarono pure i guai per lui; dotato di poteri taumaturgici, operava prodigi su prodigi e la sua fama di dispensatore di miracoli, che lo rendevano oltremodo popolare, suscitò l´incomprensione dei confratelli e l´ostilità dei superiori, i quali infastiditi da tanto clamore lo ritennero un indemoniato e presero a trasferirlo da un convento all´altro.
Dovunque arrivasse i prodigi proseguivano, i frati si mettevano le mani nei capelli e giocoforza si armavano di pazienza con quel confratello laico professo, che faceva perdere la loro pace.
Da Tortosa, fu inviato prima a Belipuig e verso il 1559 ad Horta nella provincia di Tarragona in Catalogna, dove restò per quasi 12 anni, compiendo anche qui numerosi miracoli, gli fu mutato anche il nome in fra´ Alfonso, nel tentativo di allontanarlo dai fedeli, ma alla fine fu trasferito anche da qui.
Giunto a Reus lo attendevano ulteriori persecuzioni e un altro allontanamento a Barcellona, che era sede della famigerata Inquisizione spagnola e a cui Salvatore venne perfino denunziato, uscendone comunque trionfante con l´umiltà e la carità dei santi.
Infine ultima tappa del suo doloroso calvario itinerante, fu il convento di Santa Maria di Gesù a Cagliari in Sardegna, giungendovi nel novembre del 1565, trovando finalmente qui un´oasi di pace, pur continuando i fatti straordinari che l´avevano accompagnato per tutto quel tempo, procurandogli dolori, sofferenze, incomprensioni; in altre parole beneficando la vita degli altri e avvelenandosi la sua.
Colpito da una violenta malattia, fra´ Salvatore da Horta, morì a Cagliari il 18 marzo 1567 fra il dolore di tutta la città, che ancora oggi ne venera le reliquie nella Chiesa di Santa Rosalia; il corpo del santo è custodito in una preziosa urna di bronzo dorato, arricchita di pregiati cristalli.
L´urna è sistemata visibile, sotto la mensa dell´altare maggiore al centro del presbiterio, attorniata da quattro angeli oranti in marmo bianco.
Da qui, il culto per il taumaturgo, laico professo dei Frati Minori Francescani, crebbe e si estese in tutta la Spagna e Portogallo; il 15 febbraio 1606 dietro richiesta del re Filippo II di Spagna, il papa Paolo V gli accordò il titolo di beato, confermato il 29 gennaio 1711 da Papa Clemente XI.
E il 17 aprile 1938, papa Pio XI lo canonizzò, stabilendo la festa liturgica per l´umile Santo, perseguitato perché troppo miracoloso, al 18 marzo.
Il nome Salvatore è molto diffuso nell´Italia Meridionale e in particolare in Sicilia, anche nelle varianti Turi, Turiddu; bisogna però dire che il nome Salvatore più che al santo di cui abbiamo parlato, si riferisce almeno in Campania, a Gesù Salvatore e la cui festa della "Trasfigurazione di Gesù" è al 6 agosto. Il Santo spagnolo di Horta è molto venerato anche nel Comune di Orta di Atella, in provincia di Caserta, che per puro caso ha il nome come la città spagnola, che identifica il santo francescano.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Salvatore da Horta, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (18 marzo)
*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.